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Quando l’acqua faceva male

La rivista di storia regionale Marca/Marche (Andrea Livi Editore), ha pubblicato nel numero 1 del mese di giugno 2013, accanto ad articoli di diversi argomenti, la ricerca di Rossano Morici dal titolo «Quando l’acqua faceva male».

Anche questo lavoro merita di essere conosciuto da un pubblico più vasto ed è per questo motivo  che inseriamo anche questa ricerca nel sito della nostra biblioteca accanto agli altri due e-book «Chiare fresche dolci acque di Senigallia» e «L’acqua del sindaco nel nuovo millennio».

Si tratta di un lavoro che Morici ha svolto con impegno e passione descrivendo la qualità delle acque provenienti dai pozzi, sorgenti e cisterne – usate a scopo potabile – nonché le condizioni igienico sanitarie di Recanati, suo paese nativo, alla fine Ottocento.

Quando l’acqua faceva male annuncia l’argomento: la critica situazione dell’acqua potabile e le preoccupanti condizioni igienico-sanitarie in cui versano la città e le sue abitazioni, focolai di infezioni per diverse malattie.

Il sottotitolo, Profilo professionale, qualità umana e impegno civile di un medico sanitario recanatese di fine Ottocento, fa invece riferimento all’uomo che più di ogni altro si prodigò, allo spirare del secolo, per conoscerne le cause e per combatterle.

Lo studio infatti segue passo passo la relazione del dottor Vincenzo Andrenelli, medico e Ufficiale Sanitario del Comune di Recanati dal 1880 ai primi anni del Novecento. Andrenelli si rende subito conto della gravità della situazione igienico-sanitaria dei suoi concittadini, tant’è che dopo la sua venuta il 26 giugno 1880, affronta una vera epidemia di febbri tifoidee che era comparsa in modo violento e improvviso.

A farne le spese furono un farmacista, prima vittima del morbo, e successivamente altre sei persone su sessantasei che si ammalarono di questa terribile infezione. Il medico recanatese mostra cognizioni competenti aggiornate: per esempio degli studi epidemiologici condotti in Italia ed in Europa in quegli anni, onde non tardò ad attribuire all’acqua qui bevuta, la causa dell’epidemia; il suo senso civico lo condusse ad avvertirne il pubblico e gli amministratori con un opuscolo che intitolò «La febbre tifoidea in Recanati».

Qui volle far vedere il pericolo nel quale si sarebbe probabilmente ricaduti quando l’Amministrazione non avesse provveduto al miglioramento igienico del luogo e a fornire acqua migliore alla popolazione.

A otto anni dal suo insediamento venivano emanate dal governo Crispi (1888) le prime normative per la tutela dell’igiene e sanità pubblica e le prime norme per la salvaguardia dell’acqua potabile, rese poi operative col successivo Decreto Regio del 1889.

Uscita tempestivamente per quell’anno e pubblicata sulla Gazzetta Medica di Torino, la relazione di Andrenelli dal titolo «L’acqua di Recanati, malattie che ne derivano» fu un autentico grido d’allarme per la pessima qualità delle acque che i recanatesi bevevano da lungo tempo e a causa della quale si ammalavano con grande frequenza.

Alla luce del dettato legislativo, il valoroso medico suggeriva all’Amministrazione Comunale le cose da fare: per prima cosa costruire un acquedotto che fornisse la città di buona acqua corrente; subito dopo, indicava come indispensabile costruire le latrine in ogni abitazione.

L’acquedotto fu infatti costruito ed entrò in funzione poco prima della fine del secolo XIX.

di Italo Pelnga (Direttore della Biblioteca Antonelliana)

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