RAJA TORPEDO. Il taccuino di Galvani, gli esperimenti senigalliesi e riminesi duecento anni dopo
Nel libro di Leonardo Badioli c’è il braccio di ferro scientifico tra Galvani e Volta, c’è il mistero di un pesce diventato raro, dal nome scientifico del tutto coinvolgente, Raja torpedo.
Un bel libro con il ritmo di un giallo, in bilico tra storia e cronaca, tra passato e presente, che nasce dalla lettura di una lapide di Via Maierini, a Senigallia, all’angolo di via Fratelli Bandiera.
Un libro che prende vita, man mano che la conoscenza e la documentazione approfondiscono i nessi culturali e le riflessioni, che risultano rivelati quanto nascosti nel cimelio marmoreo, dal “convegno di morti”, come esordisce l’autore, costituito dalla casa di Via Maierini dimezzata dal terremoto, dallo scienziato che aveva torto, dalla rarefazione del pesce Torpedine.
“Qui sorgeva la casa dei fratelli Vennarucci, che passata ai fratelli Battaglioni ospitò”, c’è inciso sulla lapide, “dal 14 al 18 maggio 1789 Luigi Galvani, il quale sul pesce torpedine del nostro mare eseguì positivi esperimenti dell’elettricità in collaborazione col discepolo e amico Giuseppe Battaglioni medico comprimario di Senigallia”.
Anche le pietre possono errare e così, seguendo Badioli, si può sapere che la data vera della presenza senigalliese di Galvani era il 1795 e non il più familiare e rivoluzionario 1789.
Gli esperimenti senigalliesi e riminesi sul pesce torpedine (documentati attraverso il taccuino di Galvani riprodotto in originale) si inseriscono nella ricostruzione dell’avventura sperimentale dello scienziato.
Poi il libro di Badioli prende un’altra strada e cerca di risolvere il giallo ulteriore di Raja torpedo, che da cavia delle correnti galvaniche diventa simbolo del degrado adriatico.
Testimonianze di pescatori e operatori vari del mare garantiscono che purtroppo i tremuli – è questo il nome locale della torpedine – sono ormai quasi scomparsi dalle nostre acque.
(Dall’articolo di C. E. Bugatti in Corriere Adriatico del 18 dicembre 1995)