L’ardore e il verno. Meteorologia e clima in Leopardi
Qualche tempo fa lo studioso Rossano Morici fece dono alla nostra Biblioteca Antonelliana dell’Epistolario di Giacomo Leopardi, in due volumi, curato da Franco Brioschi e Patrizia Landi. I volumi sono stati pubblicati da Bollati Boringhieri nel 1998, in occasione del bicentenario leopardiano; nell’edizione sono presenti tutte le lettere scritte e ricevute da Leopardi. L’interesse di Morici per questa edizione dell’epistolario deriva dalla presenza in essa di numerose corrispondenze con letterati e scienziati della sua epoca che rivelano l’interesse del poeta per i fenomeni naturali e scientifici. Dalla lettura dell’Epistolario, Morici, con interesse e pazienza ha estrapolato dai due volumi tutte le lettere che riguardano gli eventi meteorologici e climatici che Giacomo comunicava ai suoi amici e ai parenti più stretti, in particolare al padre Monaldo, anche lui interessato al tempo che faceva a Recanati e nelle altre città che ospitavano il figlio. Interessanti le lettere scritte da Leopardi agli amici scienziati, conosciuti al Gabinetto Vieusseux e allo stesso Vieusseux.
La frequenza di questo luogo di elevata cultura permise al poeta di venire a contatto con il pensiero scientifico più avanzato e con le idee politiche più progressiste dell’epoca. Molto importanti le lettere intercorse tra Leopardi e Francesco Puccinotti, il suo amico medico che aveva rivisto a Recanati, allorquando Puccinotti espletò il lavoro di medico condotto nel 1825. In seguito le opere di Puccinotti, anche su pressioni e suggerimenti dell’amico Giacomo, avranno fama nazionale nell’ambito delle scienze mediche e sociali. Per espletare la sua ricerca dal titolo «L’ardore e il verno.Meteorologia e clima in Leopardi», pubblicato sul numero 16/2021 della rivista di storia regionale Marca/Marche (Andrea Livi Editore), Rossano Morici ha altresì consultato lo Zibaldone, nel quale Leopardi fa alcune riflessioni sul clima italiano ed europeo e sul carattere dei meridionali rispetto ai settentrionali sia italiani che europei; in tal senso ha notato differenze caratteriali, che secondo il poeta, dipendono dal diverso tipo di clima dei paesi sud e nord europei.
Curiosa la sua riflessione sul carattere dei marchigiani, riportata nel Pensiero del 18 novembre 1823; in esso Leopardi descrive il clima delle Marche e il carattere dei marchigiani; di cui riportiamo le prime cinque frasi:
«Il carattere degli uomini è vario e riceve notabili differenze non solo da clima a clima, ma eziandio da paese a paese, da territorio a territorio, da miglio a miglio; non parlando che delle sole differenze naturali. Ne’ luoghi d’aria sottile, gl’ingegni sogliono essere maggiori e più svegliati e capaci, e particolarmente più acuti e più portati e disposti alla furberia. I più furbi per abito e i più ingegnosi per natura di tutti gl’italiani sono i marchegiani: il che senza dubbio ha relazione colla sottigliezza della loro aria».
Dott. Eros Gregorini (Responsabile della Biblioteca Comunale Antonelliana)